I testi delle letture durante la processione di domenica 20 settembre : perchè siano di ulteriore riflessione.

                                   PROCESSIONE SS. CROCIFISSO 2015

1) APRIAMO LE PORTE AI FRATELLI (tappa davanti alla Chiesa di san Martino, lettori della Caritas)
Dal vangelo secondo Matteo
Quando il Figlio dell'uomo verrà nella sua gloria, e tutti gli angeli con lui, siederà sul trono della sua gloria. Davanti a lui verranno radunati tutti i popoli. Egli separerà gli uni dagli altri, come il pastore separa le pecore dalle capre, e porrà le pecore alla sua destra e le capre alla sinistra. Allora il re dirà a quelli che saranno alla sua destra: "Venite, benedetti del Padre mio, ricevete in eredità il regno preparato per voi fin dalla creazione del mondo, perché ho avuto fame e mi avete dato da mangiare, ho avuto sete e mi avete dato da bere, ero straniero e mi avete accolto, nudo e mi avete vestito, malato e mi avete visitato, ero in carcere e siete venuti a trovarmi". Allora i giusti gli risponderanno: "Signore, quando ti abbiamo visto affamato e ti abbiamo dato da mangiare, o assetato e ti abbiamo dato da bere? Quando mai ti abbiamo visto straniero e ti abbiamo accolto, o nudo e ti abbiamo vestito? Quando mai ti abbiamo visto malato o in carcere e siamo venuti a visitarti?". E il re risponderà loro: "In verità io vi dico: tutto quello che avete fatto a uno solo di questi miei fratelli più piccoli, l'avete fatto a me".

San Martino e il mantello
Era l'11 novembre: il cielo era coperto, piovigginava e tirava un ventaccio che penetrava nelle ossa; per questo il cavaliere era avvolto nel suo ampio mantello di guerriero.
Ma ecco che lungo la strada c'è un povero vecchio coperto soltanto di pochi stracci, spinto dal vento, barcollante e tremante per il freddo.
Martino lo guarda e sente una stretta al cuore. "Poveretto, pensa morirà per il gelo!" E pensa come fare per dargli un po' di sollievo. Basterebbe una coperta, ma non ne ha. Sarebbe sufficiente del denaro, con il quale il povero potrebbe comprarsi una coperta o un vestito; ma per caso il cavaliere non ha con sé nemmeno uno spicciolo.
E allora cosa fare? Ha quel pesante mantello che lo copre tutto. Gli viene un'idea e, poiché gli appare buona, non ci pensa due volte. Si toglie il mantello, lo taglia in due con la spada e ne dà una metà al poveretto. "Dio ve ne renda merito!", balbetta il mendicante, e sparisce.
San Martino, contento di avere fatto la carità, sprona il cavallo e se ne va sotto la pioggia, che comincia a cadere più forte che mai, mentre un ventaccio rabbioso pare che voglia portargli via anche la parte di mantello che lo ricopre a malapena. Ma fatti pochi passi ecco che smette di piovere, il vento si calma. Di lì a poco le nubi si diradano e se ne vanno. Il cielo diventa sereno, l'aria si fa mite.
Il sole comincia a riscaldare la terra obbligando il cavaliere a levarsi anche il mezzo mantello.
Ecco l'estate di San Martino, che si rinnova ogni anno per festeggiare un bell'atto di carità ed anche per ricordarci che la carità verso i poveri è il dono più gradito a Dio

Don Marco: preghiamo per gli assistiti e i volontari della Caritas (Padre nostro, Ave Maria, Gloria al Padre)

2) CURIAMO L’ATTENZIONE AI PICCOLI (tappa davanti alla scuola dell’infanzia, lettori le insegnanti)
Dal vangelo secondo Matteo
Gli presentavano dei bambini perché li toccasse, ma i discepoli li rimproverarono. Gesù, al vedere questo, s'indignò e disse loro: "Lasciate che i bambini vengano a me, non glielo impedite: a chi è come loro infatti appartiene il regno di Dio. In verità io vi dico: chi non accoglie il regno di Dio come lo accoglie un bambino, non entrerà in esso". E, prendendoli tra le braccia, li benediceva, imponendo le mani su di loro.

Dal sogno di san Giovanni Bosco
Quando Giovanni compie nove anni, avviene qualcosa di straordinario.
A questo ragazzino avvolto da una calda e genuina atmosfera cristiana, Dio parla. Comunica con lui attraverso un linguaggio misterioso, fatto di immagini e di parole: il sogno.
Questo contatto diretto con Dio lo accompagnerà, ammonirà, orienterà per tutta la vita. Lo lascerà prima incredulo, poi sbalordito, a volte tremante.
«A 9 anni - racconta - ho fatto un sogno. Mi pareva di essere vicino a casa, in un cortile molto vasto, dove si divertiva una gran quantità di ragazzi. Alcuni ridevano, altri giocavano, non pochi bestemmiavano. Al sentire le bestemmie, mi slanciai in mezzo a loro. Cercai di farli tacere usando pugni e parole.
In quel momento apparve un uomo maestoso, vestito nobilmente. Un manto bianco gli copriva tutta la persona. La sua faccia era così luminosa che non riuscivo a fissarla. Egli mi chiamò per nome e mi ordinò di mettermi a capo di quei ragazzi. Aggiunse:
- Dovrai farteli amici con bontà e carità, non picchiandoli. Su, parla, spiegagli che il peccato è una cosa cattiva e che l'amicizia con il Signore è un bene prezioso.
Confuso e spaventato risposi che io ero un ragazzo povero e ignorante, che non ero capace di parlare di religione a quei monelli.
In quel momento i ragazzi cessarono le risse, gli schiamazzi e le bestemmie, e si raccolsero tutti intorno a colui che parlava. Quasi senza sapere cosa facessi gli domandai:
- Chi siete voi, che mi comandate cose impossibili?
- Proprio perché queste cose ti sembrano impossibili – rispose - dovrai renderle possibili con l'obbedienza e acquistando la scienza.
- Come potrò acquistare la scienza?
- Io ti darò la maestra. Sotto la sua guida si diventa sapienti, ma senza di lei anche chi è sapiente diventa un povero ignorante.
- Ma chi siete voi?
- Io sono il figlio di colei che tua madre ti insegnò a salutare tre volte al giorno.
- La mamma mi dice sempre di non stare con quelli che non conosco, senza il suo permesso. Perciò ditemi il vostro nome.
- Il mio nome domandalo a mia madre.
In quel momento ho visto vicino a lui una donna maestosa, vestita di un manto che risplendeva da tutte le parti, come se in ogni punto ci fosse una stella luminosissima. Vedendomi sempre più confuso, mi fece cenno di andarle vicino, mi prese con bontà per mano e mi disse:
- Guarda, ecco il tuo campo!
« Guardai e mi accorsi che quei ragazzi erano tutti scomparsi. Al loro posto c'era una moltitudine di capretti, cani, gatti, orsi e parecchi altri animali. La donna maestosa mi disse:
- Ecco il tuo campo, ecco dove devi lavorare. Cresci umile, forte e robusto, e ciò che adesso vedrai succedere a questi animali, tu lo dovrai fare per i miei figli.
Guardai ancora, ed ecco che al posto di animali feroci comparvero altrettanti agnelli mansueti, che saltellavano, correvano, belavano, facevano festa attorno a quell'uomo e a quella signora.
A quel punto nel sogno mi misi a piangere. Dissi a quella signora che non capivo tutte quelle cose. Allora mi pose una mano sul capo e mi disse:
- A suo tempo, tutto comprenderai.

Don Marco: preghiamo per i bambini della scuola dell’infanzia, per le loro famiglie, le maestre e tutto il personale della scuola (Padre nostro, Ave Maria, Gloria al Padre)

3) ACCOMPAGNIAMO LE NOSTRE FAMIGLIE (tappa in Corso Garibaldi tra via Calatafimi e via Mazzini, lettori del gruppo famiglie)
Dalla lettera di san Paolo apostolo ai Romani
Vi esorto dunque, fratelli, per la misericordia di Dio, a offrire i vostri corpi come sacrificio vivente, santo e gradito a Dio; è questo il vostro culto spirituale. Non conformatevi a questo mondo, ma lasciatevi trasformare rinnovando il vostro modo di pensare, per poter discernere la volontà di Dio, ciò che è buono, a lui gradito e perfetto. Per la grazia che mi è stata data, io dico a ciascuno di voi: non valutatevi più di quanto conviene, ma valutatevi in modo saggio e giusto, ciascuno secondo la misura di fede che Dio gli ha dato. Poiché, come in un solo corpo abbiamo molte membra e queste membra non hanno tutte la medesima funzione, così anche noi, pur essendo molti, siamo un solo corpo in Cristo e, ciascuno per la sua parte, siamo membra gli uni degli altri. La carità non sia ipocrita: detestate il male, attaccatevi al bene; amatevi gli uni gli altri con affetto fraterno, gareggiate nello stimarvi a vicenda. Non siate pigri nel fare il bene, siate invece ferventi nello spirito; servite il Signore. Siate lieti nella speranza, costanti nella tribolazione, perseveranti nella preghiera. Condividete le necessità dei santi; siate premurosi nell'ospitalità. Benedite coloro che vi perseguitano, benedite e non maledite. Rallegratevi con quelli che sono nella gioia; piangete con quelli che sono nel pianto. Abbiate i medesimi sentimenti gli uni verso gli altri; non nutrite desideri di grandezza; volgetevi piuttosto a ciò che è umile. Non stimatevi sapienti da voi stessi. Non rendete a nessuno male per male. Cercate di compiere il bene davanti a tutti gli uomini. Se possibile, per quanto dipende da voi, vivete in pace con tutti.
Papa Francesco su Chiesa e famiglia

Vorrei oggi fermare la nostra attenzione sul legame tra la famiglia e la comunità cristiana. E’ un legame, per così dire, “naturale”, perché la Chiesa è una famiglia spirituale e la famiglia è una piccola Chiesa (cfr Lumen gentium, 9). La Comunità cristiana è la casa di coloro che credono in Gesù come la fonte della fraternità tra tutti gli uomini. La Chiesa cammina in mezzo ai popoli, nella storia degli uomini e delle donne, dei padri e delle madri, dei figli e delle figlie: questa è la storia che conta per il Signore. I grandi eventi delle potenze mondane si scrivono nei libri di storia, e lì rimangono. Ma la storia degli affetti umani si scrive direttamente nel cuore di Dio; ed è la storia che rimane in eterno. E’ questo il luogo della vita e della fede. La famiglia è il luogo della nostra iniziazione – insostituibile, indelebile – a questa storia. A questa storia di vita piena, che finirà nella contemplazione di Dio per tutta l’eternità nel Cielo, ma incomincia nella famiglia! E per questo è tanto importante la famiglia. Il Figlio di Dio imparò la storia umana per questa via, e la percorse fino in fondo (cfr Eb 2,18; 5,8). E’ bello ritornare a contemplare Gesù e i segni di questo legame! Egli nacque in una famiglia e lì “imparò il mondo”: una bottega, quattro case, un paesino da niente. Eppure, vivendo per trent’anni questa esperienza, Gesù assimilò la condizione umana, accogliendola nella sua comunione con il Padre e nella sua stessa missione apostolica. Poi, quando lasciò Nazaret e incominciò la vita pubblica, Gesù formò intorno a sé una comunità, una “assemblea”, cioè una con-vocazione di persone. Questo è il significato della parola “chiesa”. Nei Vangeli, l’assemblea di Gesù ha la forma di una famiglia e di una famiglia ospitale, non di una setta esclusiva, chiusa: vi troviamo Pietro e Giovanni, ma anche l’affamato e l’assetato, lo straniero e il
perseguitato, la peccatrice e il pubblicano, i farisei e le folle. E Gesù non cessa di accogliere e di parlare con tutti, anche con chi non si aspetta più di incontrare Dio nella sua vita. E’ una lezione forte per la Chiesa! I discepoli stessi sono scelti per prendersi cura di questa assemblea, di questa famiglia degli ospiti di Dio. Perché sia viva nell’oggi questa realtà dell’assemblea di Gesù, è indispensabile ravvivare l’alleanza tra la famiglia e la comunità cristiana. Potremmo dire che la famiglia e la parrocchia sono i due luoghi in cui si realizza quella comunione d’amore che trova la sua fonte ultima in Dio stesso. Una Chiesa davvero secondo il Vangelo non può che avere la forma di una casa accogliente, con le porte aperte, sempre. Le chiese, le parrocchie, le istituzioni, con le porte chiuse non si devono chiamare chiese, si devono chiamare musei!

Don Marco: preghiamo per tutte le famiglie della Parrocchia soprattutto per quelle che stanno vivendo momenti di difficoltà (Padre nostro, Ave Maria, Gloria al Padre)

4) PREOCCUPIAMOCI DI FAR SCOPRIRE LA GIOIA DI STARE CON GESU’ (tappa in via Cavour davanti all’oratorio, lettori 1 educatore e 1 catechista)
Dal vangelo secondo Giovanni
Il giorno dopo Giovanni stava ancora là con due dei suoi discepoli e, fissando lo sguardo su Gesù che passava, disse: "Ecco l'agnello di Dio!". E i suoi due discepoli, sentendolo parlare così, seguirono Gesù. Gesù allora si voltò e, osservando che essi lo seguivano, disse loro: "Che cosa cercate?". Gli risposero: "Rabbì - che, tradotto, significa Maestro -, dove dimori?". Disse loro: "Venite e vedrete". Andarono dunque e videro dove egli dimorava e quel giorno rimasero con lui; erano circa le quattro del pomeriggio.
Uno dei due che avevano udito le parole di Giovanni e lo avevano seguito, era Andrea, fratello di Simon Pietro. Egli incontrò per primo suo fratello Simone e gli disse: "Abbiamo trovato il Messia" - che si traduce Cristo - e lo condusse da Gesù. Fissando lo sguardo su di lui, Gesù disse: "Tu sei Simone, il figlio di Giovanni; sarai chiamato Cefa" - che significa Pietro.
Il giorno dopo Gesù volle partire per la Galilea; trovò Filippo e gli disse: "Seguimi!". Filippo era di Betsàida, la città di Andrea e di Pietro. Filippo trovò Natanaele e gli disse: "Abbiamo trovato colui del quale hanno scritto Mosè, nella Legge, e i Profeti: Gesù, il figlio di Giuseppe, di Nàzaret". Natanaele gli disse: "Da Nàzaret può venire qualcosa di buono?". Filippo gli rispose: "Vieni e vedi".

Dal messaggio del Cardinal Scola per l’apertura dell’anno oratoriano                           Perché questo cammino in oratorio sia autentico e reale, la condizione necessaria è che ciascuno di noi abiti davvero là dove risuona la parola viva di Gesù: nella Chiesa. Per voi, giovani amici, la Chiesa ha il volto rassicurante di mamma e papà, i colori e i rumori della vita oratoriana, i canti e i silenzi della celebrazione della messa alla domenica. È esperienza di Chiesa il cammino di iniziazione cristiana che fate insieme ai vostri catechisti, genitori, animatori e responsabili, come pure i cammini di crescita nella fede dedicati ai ragazzi preadolescenti e adolescenti, senza dimenticare l’entusiasmante mondo dello sport. Per educatori e genitori l’esperienza di Chiesa passa anche dal mettersi costantemente a servizio dei più piccoli, lasciandosi docilmente educare dalle circostanze concrete dell’esistenza. Fondamentale rimane il tendere costantemente alla comunione, lavorando e lottando per comporre le distanze e valorizzando le differenze: il motto Solo insieme non perde quest’anno la sua attualità. Quanto più convinti sarete nel vivere tutto quello che vi è proposto in oratorio, tanto più vi lascerete educare al pensiero di Cristo, così da poter imparare ad amare come Gesù, a sentire come Gesù, a soffrire come Gesù, a pensare come Gesù, a scegliere come Gesù, nella certezza di risorgere come Gesù. Come Gesù non è quindi solo lo slogan di quest’anno oratoriano, ma un vero e proprio programma di vita. Aiutiamoci a viverlo insieme!

Don Marco: preghiamo per i nostri oratori, per i bambini, i ragazzi, gli adolescenti, i giovani, gli educatori, le catechiste, gli allenatori e tutti i volontari (Padre nostro, Ave Maria, Gloria al Padre)

5) PRENDIAMOCI CURA DEGLI AMMALATI (tappa in via Micca dopo l’angolo con via Mazzini, lettori del gruppo ministri straordinari dell’Eucarestia)
Dal vangelo secondo Matteo
Entrato nella casa di Pietro, Gesù vide la suocera di lui che era a letto con la febbre. Le toccò la mano e la febbre la lasciò; poi ella si alzò e lo serviva.
Venuta la sera, gli portarono molti indemoniati ed egli scacciò gli spiriti con la parola e guarì tutti i malati, perché si compisse ciò che era stato detto per mezzo del profeta Isaia:
Egli ha preso le nostre infermità e si è caricato delle malattie.
Papa Francesco nella giornata per il malato
Sapienza del cuore è stare con il fratello. Il tempo passato accanto al malato è un tempo santo. È lode a Dio, che ci conforma all’immagine di suo Figlio, il quale «non è venuto per farsi servire, ma per servire e dare la propria vita in riscatto per molti» (Mt 20,28). Gesù stesso ha detto: «Io sto in mezzo a voi come colui che serve» (Lc 22,27). Chiediamo con viva fede allo Spirito Santo che ci doni la grazia di comprendere il valore dell’accompagnamento, tante volte silenzioso, che ci porta a dedicare tempo a queste sorelle e a questi fratelli, i quali, grazie alla nostra vicinanza e al nostro affetto, si sentono più amati e confortati. Quale grande menzogna invece si nasconde dietro certe espressioni che insistono tanto sulla “qualità della vita”, per indurre a credere che le vite gravemente affette da malattia non sarebbero degne di essere vissute.

Don Marco: preghiamo per gli ammalati, i loro familiari e tutti quelli che sono vicini alle loro sofferenze (Padre nostro, Ave Maria, Gloria al Padre)

6) ANNUNCIAMO IL SIGNORE SENZA VERGOGNARCI (tappa davanti al maniero di san Domenico, lettori del gruppo missionario)
Lettura del vangelo secondo Marco:
Convocata la folla insieme ai suoi discepoli, disse loro: "Se qualcuno vuol venire dietro a me, rinneghi se stesso, prenda la sua croce e mi segua. Perché chi vuole salvare la propria vita, la perderà; ma chi perderà la propria vita per causa mia e del Vangelo, la salverà. Infatti quale vantaggio c'è che un uomo guadagni il mondo intero e perda la propria vita? Che cosa potrebbe dare un uomo in cambio della propria vita? Chi si vergognerà di me e delle mie parole davanti a questa generazione adultera e peccatrice, anche il Figlio dell'uomo si vergognerà di lui, quando verrà nella gloria del Padre suo con gli angeli santi".
Dalla vita di san Domenico
Il vescovo Diego e Domenico avevano capito che molte critiche degli eretici erano contro il clero, che non di rado viveva nella ricchezza, nell’ignoranza e nella poca sensibilità pastorale. C’era bisogno di una riforma della Chiesa. Ed essi la volevano attuare partendo da un rinnovato amore a Cristo, alla sua umanità e divinità insieme, alla Chiesa, ai poveri. Bisognava anche predicare con argomenti nuovi e con metodologie nuove. Pensavano però di attuare questo bel progetto in paesi fuori dall’Europa. Innocenzo III invece, saggiamente, li mandò proprio... in Provenza, tra i Catari. Ed obbedirono. Arrivarono tra la gente presentandosi poveri e indifesi, umili e accoglienti verso tutti, profondamente diversi cioè dagli altri predicatori di prima. Purtroppo poco tempo dopo il buon vescovo Diego dovette rientrare in diocesi. E Domenico rimase a predicare, da solo, per quasi sei anni. Nelle sue relazioni con gli altri aveva rispetto e pazienza con tutti, discuteva anche animatamente ma senza organizzare crociate, era a disposizione di tutti mai contro nessuno. E la gente lo vedeva, lo studiava, rifletteva e cominciava ad apprezzarlo. E poi si convertiva. Era la sua metodologia missionaria, nuova, efficace.
Domenico parlava sempre, volentieri e con competenza di Dio e di Cristo a tutti quelli che avvicinava. Altrimenti taceva e si raccoglieva in preghiera. Al centro di ogni sua predicazione c’era il Cristo Crocifisso, contemplato come il bene più prezioso. Per lui infatti tutti, uomini e donne, letterati o no, in ogni tempo e luogo, assolutamente tutti avevano il diritto di conoscerlo per amarlo. E considerava suo dovere predicarlo, testimoniarlo affrontando ogni sofferenza. Domenico testimoniava il suo amore a Cristo vivendo di povertà, di preghiera e di penitenza che accettava come espiazione per le colpe altrui. Nella predicazione inoltre parlava spesso e molto della Madonna, raccomandando a tutti la recita del Rosario.

Don Marco: preghiamo per tutti coloro che non hanno ancora conosciuto il Signore e per tutti i Cristiani perché sappiano essere testimoni (Padre nostro, Ave Maria, Gloria al Padre)